ANNO 14 n° 119
Scoperto il tesoro ''segreto'' di santa Rosa
Si tratta di centinaia di quadri, ex voto, candelabri, libri, paramenti sacri, calici,
ostensori in oro e argento di cui nessuno, a parte le suore, conosceva l'esistenza
12/05/2015 - 00:00

VITERBO – Un tesoro d’inestimabile valore, costituito da alcune centinaia di oggetti sacri, è rimasto celato nel monastero di santa Rosa per circa un secolo e mezzo. Si tratta di quadri, ex voto, candelabri, calici, ostensori in oro e argento, sculture, paramenti sacri, donati tra il 500 e la prima metà dell’800 da cardinali, vescovi, nobili, regnanti ma anche da umili fedeli. Un tesoro di cui nessuno, a parte le suore, conosceva l’esistenza.

Circa un anno fa è iniziata la catalogazione di ogni singolo oggetto da parte della soprintendenza competente ed entro un paio di settimane il lavoro dovrebbe essere completato. Resta però da individuare un luogo all’interno del monastero in cui esporre e rendere fruibile l’ingente quantità di opere d’arte.

La vicenda è venuta a galla a seguito di un tentativo di furto compiuto nel monastero. Le suore, accortesi dell’intrusione dei ladri, hanno denunciato il fatto. E’ così intervenuta la polizia giudiziaria che oltre a raccogliere tutte le possibili tracce lasciate dai malviventi, ha chiesto alle suore cosa avrebbero potuto rubare in quell’area del complesso monumentale. E’ stato così che le suore hanno svelato per la prima volta l’esistenza del tesoro celato in alcune stanze.

Il rapporto è stato inviato al procuratore capo della Repubblica Alberto Pazienti, il quale si occupa personalmente delle inchieste sui beni culturali. E’ stato quindi aperto un fascicolo ed è stata informata la soprintendenza competente dando avvio alla catalogazione. ''Ora – ha commentato il magistrato -, tutti gli oggetti sacri sono catalogati e posti sotto la tutela dello Stato. Nessuno potrà rubarli o farli sparire impunemente’''. E, infatti, la soprintendenza ha già aperto un contenzioso per recuperare alcuni oggetti appartenenti al monastero e finiti ad alcune famiglie viterbesi che, probabilmente, l’avevano avuta in custodia. Le suore che si trovavano nel monastero al momento dell’affidamento sono state trasferite o sono morte e chi aveva le opere se n’è impossessato.

L’ispettore capo Felice Orlandini, che in questo caso opera anche in qualità di ispettore onorario della soprintendenza, ha accertato che le suore avevano minuziosamente annotato tutto ciò che era uscito dal monastero e a quale titolo. Quindi gli oggetti sacri mancanti potranno essere recuperati.

Ma perché le suore che si sono succedute nel monastero di santa Rosa negli ultimi 150 anni hanno tenuto segreto il tesoro? La vicenda affonda le radici nei primi anni postunitari e all’interruzione di ogni rapporto ufficiale tra Chiesa e Regno d’Italia. La fase più dura dello scontro si ebbe dopo la promulgazione della cosiddetta legge delle Guarentigie, che regolava i rapporti tra Stato Italiano e Santa Sede, rimasta in vigore fino al 1929, quando furono conclusi i Patti Lateranensi.

La Chiesa, sentendosi espropriata dei beni che riteneva le appartenessero, tentò con tutti in mezzi di preservare quanto le era rimasto. In quel clima, le monache del monastero di santa Rosa, come quelle di moltissimi anni altri conventi, probabilmente ricevettero indicazioni dai superiori di mettere in sicurezza gli oggetti di maggior pregio, in particolare le opere d’arte.

Così, nel 1881, quando fu istituita la Direzione generale per le antichità e belle arti presso il ministero della Pubblica istruzione, incaricata di tutelare quanto d’interesse storico, artistico, monumentale, architettonico c’era Italia, compresi i beni in possesso della Chiesa, dichiarati indisponibili dallo Stato italiano, le clarisse si guardarono bene di comunicare ciò che avevano. Al contrario, sistemarono gli oggetti più preziosi in alcune stanze nella parte inaccessibile del monastero e li misero sotto chiave. In alcuni casi, quadri o altri oggetti sacri furono affidati in custodia a famiglie ''amiche''. Il tutto fu minuziosamente inventariato.

Ci sono stati alcuni casi in cui, le clarisse, nei primi anni dell’Unità d’Italia contraddistinti da un diffuso anticlericalismo, si trovarono a corto di fondi per il mantenimento del monastero. Per questo motivo decisero di cedere alcuni pezzi del loro patrimonio, ricavandone peraltro cifre ben inferiori al valore reale del bene,.

Nei decenni successivi, a partire dal 1902, quando fu approvata la cosiddetta legge Nasi, dal nome del ministro della Pubblica istruzione in carica, contenente la prima disposizione legislativa organica sulla tutela dei beni storico-artistici, fino al varo del Codice dei beni culturali del 2004, nessuna soprintendenza era stata informata dell’esistenza del tesoro. Infine, l’iniziativa del procuratore capo Pazienti, che ha permesso di scoprire l’esistenza del tesoro di santa Rosa e la sua catalogazione.

 





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